Anche la Valle Camonica ha detto “no” alla riforma costituzionale. Tranne poche eccezioni, come Cedegolo dove ha vinto il si con il 51% circa dei voti, gli altri comuni hanno bocciato la riforma con decisione. Ad esempio a Piancogno, Bienno o Malegno si registrano percentuali attorno al 62%, a Esine e Cividate hanno votato no il 63% circa degli elottori, il 64% a Berzo Demo e Berzo Inferiore, il 65% ad Ono San Pietro, tra i record di no della provincia di Brescia, il 72% registrato a Cimbergo. A livello provinciale il no vince con il 58,21% dei voti circa contro il 41,79% dei si. Un dato in linea con quello nazionale che vede i no vincere con il 59,11% contro il 40,89% dei si. Una vittoria schiacciante in cui la Provincia di Bergamo, dove l'affluenza è stata superiore al 77%, ha fatto la sua parte: ben 34 paesi bergamaschi sono ndati oltre la soglia dell'affluenza dell'80% facendo registrare un record di persone che si sono recate alle urne. Il sì ha prevalso nella città di Bergamo e in pochi comuni come Foppolo e Castro, ma ha perso in tutti gli altri comuni. A Clusone il no ha prevalso con il 52%. Soprattutto se confrontata con i precedenti referendum costituzionali, dove l'affluenza si fermò al 34, al 53% e al 32% circa, la partecipazione al voto è uno dei dati più significativi di questo referndum, con una media del 68% circa a livello nazionale e del 76% circa a livello della provincia di Brescia dove hanno votato tre elettori su quattro. Un dato che sottolinea la voglia del cittadino di mettere in chiaro che l'articolo 1 della Costituzione non si mette in discussione: la sovranità appartiene al popolo che la esercita nei limiti consentiti dalla Costituzione. Questi “limiti” non verranno ritoccati quindi. Per questo, per le opposizioni che tanto si sono date da fare a sostegno del no, il risultato delle urne rappresenta una vittoria della democrazia. Per il premier Renzi dalle urne esce sconfitta la voglia di cambiare. Di fronte ai quei sei milioni di no in più dei si, il premir rimette in mandato nelle mani del Presidente della Repubblica, cui toccherà giocare la partita del “dopo”.