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UN PENSIERO PER MARIO

Era arrivata talmente improvvisa e al contempo improbabile, al punto d' essere ritenuta un' infelice stupida bravata. Bastò poco. Ricordo quella brevissima telefonata accompagnata da un improvviso silenzio e un' esclamazione: “E' morto Mario!”.Era il 18 gennaio di 5 anni fa. Un fulmine a ciel sereno, una tragedia quando meno te l’aspetti. Mario Merelli, il forte alpinista di Lizzola, 49 anni e 10 ottomila himalayani saliti (Everest 2 volte, Makalu, Kangchenjunga, Gasherbrum I, Shisha Pangma, Annapurna, Broad Peak, Lhotse, Dhaulagiri) era morto verso le 8 di mattina per una caduta sul Pizzo Scais, montagna delle Orobie Bergamasche di 3038 metri. Era in compagnia dell' amico di sempre Paolo Valoti (ex presidente del CAI Bergamo) e, secondo quanto raccontato da stesso Valoti, puntavano a salire lo Scais e del Redorta in una sola giornata. Partiti da Valbondione intorno alla mezzanotte di martedì, avevano raggiunto intorno alle 2,30 di mercoledì il rifugio Coca: qui si erano fermati per riposarsi un po' nel locale invernale, a disposizione degli alpinisti quando il rifugio è chiuso. Poi, anziché percorrere la cresta, per raggiungere il torrione Curò - tutto al buio - hanno preferito il versante valtellinese, lungo il canalino alla base del torrione. Erano all'incirca le 6,30. Sull'ultimo pezzo del canalino la tragedia. Una roccia si stacca e colpisce Mario Merelli, che precipita nel canalone per circa 300 metri e la tragedia si compie, nonostante il soccorso immediato del compagno e del Soccorso Alpino prontamente avvertito. Sgomento e cordoglio di tutto il mondo dell’alpinismo italiano e non solo. In tante spedizioni Merelli aveva condiviso avventure e momenti critici con tanti e forti alpinisti protagonisti in Himalaya. Oggi a 5 anni di distanza resta il ricordo dei suoi occhi e delle sue generose parole: “Tu ci sei sempre, anche quando non è vetta”, a rendere ancor più famigliare la nostra presenza nell' accogliente cucina di casa a Lizzola, mentre la mamma Luigina era puntualmente pronta a servire un invitante caffè. Con questa immagine e con il classico Namasté, saluto il divino che è in Mario, quella scintilla che, qualsiasi religione, si abbia o non si abbia, fa alzare la testa e vivere in pieno la propria vita.
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