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DELITTO SARTORI, IMPUGNATA LA SENTENZA

Il 35enne tunisino marito di Marisa Sertori che il 15 novembre 2019 era stato condannato, con rito abbreviato, alla pena dell’ergastolo, per aver ucciso la moglie con otto fendenti, ferendo anche la cognata, il 2 febbraio dello scorso anno, nel garage di Curno, potrebbe essere sottoposto ad una ulteriore perizia psichiatrica, questa la proposta avanzata dall'avvocato della difesa. Tentato omicidio, violenza sessuale, maltrattamenti e porto di coltello questo l’elenco delle accuse a suo carico. Giudicato colpevole in primo grado, con le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi. Il giudice accolse le richieste dell’accusa, partendo dal massimo della pena con isolamento diurno. Secondo le perizie degli esperti della Procura e della famiglia (parte civile) l’uomo era pienamente capace di intendere e volere. Mentre la richiesta di un’ulteriore perizia psichiatrica avanzata dall’avvocato Serughetti fu respinta dal giudice. Ora la parola passa ai giudici di Brescia. Impugnata la sentenza di condanna all’ergastolo per il giovane tunisino: l’avvocato della difesa, Daniela Serughetti, nei giorni scorsi ha depositato l’appello. A ieri, non era ancora stata fissata la data per l’udienza. Nelle motivazioni dell’appello, l’esclusione delle aggravanti della premeditazione, dei futili motivi, e dei maltrattamenti (secondo l’impianto difensivo, non vi erano prove di questa accusa): è vero che lui la cercava sotto casa o al lavoro, ma già nel processo di primo grado era stata avanzata la richiesta di riqualificazione dei maltrattamenti in atti persecutori. Oggetto dell’appello, anche la violenza sessuale per la quale, sempre secondo la difesa, vi sarebbe solo la dichiarazione della vittima nella denuncia-querela depositata tre giorni prima dell’omicidio. Anche sulla circostanza che l’uomo si sarebbe presentato sotto casa dei genitori della vittima portando con sé il coltello, secondo la ricostruzione difensiva, non vi sarebbero prove certe. Secondo le perizie degli esperti della Procura e della famiglia l’uomo era pienamente capace di intendere e volere. Ora la parola passa ai giudici di Brescia.
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