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OMICIDIO DI VALVERDE, CHIESTO L’ERGASTOLO

Omicidio volontario pluriaggravato, con evidente dolo e non una morte in conseguenza dei maltrattamenti. Questo è quanto presentato in appello dal pm Paolo Mandurino, che va a confutare la tesi della Corte d’assise di Bergamo, in riferimento al delitto di Valverde costato la vita a Viviana Caglioni convivente con Cristian Locatelli 43 anni, di Terno d’Isola, tuttora in carcere, riconosciuto colpevole della morte della 33enne.L’aggressione è avvenuta all’interno dell’abitazione la notte fra il 30 e il 31 marzo 2020, in pieno lockdown: la giovane morì in ospedale il 6 aprile. Movente: la gelosia di Locatelli. La coppia litigava con sempre maggior frequenza e quella sera lei era ubriaca. Colpita dall’imputato, finì a terra riportando lesioni al capo risultate poi essere fatali. La Corte d’assise ha sostenuto che senza quella caduta, schiaffi e pugni di Locatelli non avrebbero determinato neppure il ricovero al pronto soccorso. Mandurino, nel suo appello, elenca invece i motivi per cui ci si troverebbe di fronte a un gesto volontario. Innanzitutto la durata dell’aggressione, “straordinaria, in quanto protrattasi per ben mezz’ora”. Il pm lo calcola sulla base della testimonianza dello zio della vittima, Gianpietro Roncoli. La Corte ha sostenuto che il mancato intervento dello zio a difesa della nipote è la prova che la virulenza dell’aggressione non era tale da destare allarme. Mandurino obietta invece che lo zio non intervenì perché impaurito dalle minacce di morte rivoltegli da Locatelli. Inoltre, sempre lo zio ha raccontato che calci, sberle e pugni avevano interessato anche le zone vitali. Il pm cita anche la testimonianza di un soccorritore del 118 che in aula aveva riferito di lividi sul volto di Viviana e con la centrale parlava di trauma facciale. Per Mandurino, lei stava scappando e lui la colpì da dietro con un pugno. Inoltre, l’imputato non ha mai prestato soccorso alla 33enne e nella telefonata al 118 avrebbe cercato di minimizzare sulla gravità delle condizioni. Sulla gelosia il pm definisce «sorprendente» la motivazione dei giudici.
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