Lo stato di agitazione si ferma, ma non le riflessioni in merito alla loro situazione. I lavoratori esterni dei siti museali camuni – lo comunica la CGIL Valle Camonica-Sebino – dopo numerosi incontri hanno deciso di fermare lo stato di agitazione. Lo avevano aperto dopo aver appreso che il Parco di Naquane avrebbe chiuso il pomeriggio. Temevano che il loro già scarso stipendio subisse un ulteriore tracollo per il calo delle ore. La direzione regionale musei garantisce però il pagamento delle ore piene anche per ottobre e novembre. Se questa decisione li tranqillizza da una parte, non fa venire meno gli interrogativi sulle loro paghe da fame. A fare una riflessione è il Collettivo 5.37 (nato proprio in seguito alla vicenda dei lavoratori esterni dei musei che prende il nome della quota oraria dei loro stipendi). Ci sono domande a cui non riescono a trovare una risposta e allargando il campo della messa a fuoco del problema si chiedono come sia tollerabile che un bene pubblico come il Parco nazionale delle incisioni rupestri di Naquane chiuda il pomeriggio già ai primi di ottobre cosa mai accaduta neppure in anni freddi e piovosi, e nell'anno di Bergamo-Brescia capitale della cultura spacciando che questa decisione sarebbe da imputare alla carenza di personale interno. Il Colletivo si chiede anche se sul serio il ministero non ha nulla da eccepire che i suoi stessi lavoratori, quelli esterni, si trovino in una situazione retributiva al limite della soglia di povertà e non si preoccupi di condividere con loro decisioni che li riguardano da vicino. La chiusura, come già ampiamente detto, determina meno ore lavorative per queste persone che già hanno stipendi da fame e che vivono in una totale instabilità lavorativa. Davvero – si chiedono ancora - tutto ciò lascia indifferente chi governa e dirige? Nessun turbamento? Anche se la ditta aggiudicataria versa in stato di commissariamento a causa del mancato rispetto delle più elementari regole di tutela e dignità del lavoro stesso? Il Collettivo 5.37 pensa che tutto questo sia scandaloso.