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BOSSETTI, IN AULA L'ANNO PROSSIMO

Soddisfatto Pelillo, avvocato della famiglia di Yara: "Ottimo lavoro e ben motivato. Dna prova granitica, oltre a tanti indizi" “E’ uno scandalo, a mio parere la Corte si è fatta un film”. Non usa mezzi termini Claudio Salvagni nel commentare le motivazioni della sentenza per il suo assistito Massimo Giuseppe Bossetti, il carpentiere di Mapello condannato all’ergastolo per l’omicidio, aggravato dalla crudeltà e dalla minore età della vittima, della tredicenne Yara Gambirasio, scomparsa da Brembate Sopra il 26 novembre 2010 e ritrovata senza vita tre mesi dopo in un campo di Chignolo d’Isola. Secondo i giudici della Corte d’Assise presieduta dal giudice Antonella Bertoja, l’omicidio della 13enne è “maturato in un contesto di avances a sfondo sessuale, verosimilmente respinte dalla ragazza, in grado di scatenare nell’imputato una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova ad allora”. E’ quanto emerge dalle 158 pagine di motivazioni depositate mercoledì 28 settembre. I giudici spiegano attraverso gli atti che l’aggravante delle sevizie e della crudeltà “svela l’animo malvagio” dell’imputato e parlano di “crudeltà” sia “in termini soggettivi e morali di appagamento dell’istinto di arrecare dolore” che “di assenza di sentimenti di compassione e pietà”.Questo si evincerebbe anche dal modo in cui Bossetti agì in quel campo abbandonato. Non “in modo incontrollato, sferrando una pluralità di fendenti, ma ha operato sul corpo della vittima per un apprezzabile lasso temporale, girandolo, alzando i vestiti e tracciando, mentre Yara era ancora in vita, tagli lineari e in parte simmetrici, in alcuni casi superficiali, in altri casi in distretti non vitali e, dunque, idonea a causare sanguinamento e dolore ma non l’immediato decesso”. Dopodiché “ha lasciato la vittima adagonizzare in un campo isolato e dove non è stata trovata che mesi dopo”. Motivazioni accolte in modo negativo da Claudio Salvagni, uno dei due avvocati (insieme a Paolo Camporini) del carpentiere. Il giudice poi ha affermato che il dna nucleare è una prova granitica, perchè trovato in una posizione ambigua. E poi ci sono i numerosi indizi: gravi, precisi e concordanti. Come una margherita, con al centro il dna e tutti i petali come indizi. Non è un processo indiziario, ma c’è una prova che basterebbe per la condanna, oltre a tanti indizi”. Il processo di secondo grado, che sarà molto più rapido del primo (con quaranta udienze in un anno) dovrebbe prendere il via nei primi mesi del 2017 di fronte alla Corte d’appello di Brescia.
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