Gianpietro Ghidini vide suo figlio l'ultima volta il 23 novembre 2013. Lo vide cupo, gli disse che avrebbero dovuto parlare, poi guardò l'orologio e rimandò l'appuntamento al giorno dopo. Fu troppo tardi. Quella sera, infatti, Emanuele va ad una festa con alcuni amici più grandi di lui. Ha provato delle droghe, è stato male, si è fatto accompagnare a casa si è buttato nel fiume Chiese. Dopo i primi giorni di totale smarrimento papà Gianpietro decide che non può restare chiuso nel suo dolore. Sogna Emanuele che gli dà una grande forza e fonda l'associazione Ema Pesciolino Rosso, ha già incontrato oltre 300 fra scuole e oratori. Racconta la sua storia. Questo mercoledì Gianpietro ha incontrato i ragazzi del Liceo Golgi di Breno all'interno di un progetto sull'uso e sull'abuso di sostanze stupefacenti. Un incontro che ha catturato l'attenzione dei ragazzi che ha strappato a loro, e non solo, qualche lacrima, che ci si augura gli possa servire a qualcosa. Gianpietro Ghidini è stato molto diretto con loro, non ha usato mezze parole, ha raccontato la sua storia, il suo dolore, il suo riscatto. Abbracci, strette di mano, pacche sulle spalle ed occhi lucidi. E' sempre così dopo l'incontro con Gianpietro, ed è stato così anche al liceo Golgi di Breno dove gli studenti stanno sviluppando un progetto di prevenzione delle dipendenze e dove hanno ascoltato anche la storia di Lorenzo Raffini che dalla droga è uscito passando attraverso il carcere annullando la sua personalità e ritrovando grazie all'aiuto della comunità e della famiglia se stesso e che oggi dedica parte del suo tempo alla prevenzione, perché lui, comunque è uno dei pochi che ce l'hanno fatta: dieci suoi compagni sono morti, altri si drogano ancora, altri prendono metadone....e quindi, ha spiegato Lorenzo, meglio non cadere nella spirale perché uscirne è possibile ma difficile.