Sharon Verzeni uccisa per provare piacere
Era capace di intendere e di volere, Moussa Sangare, quando la notte del 30 luglio 2024 uccise Sharon Verzeni mentre passeggiava nel centro di Terno d’Isola. Lo ha stabilito Giuseppina Paulillo, direttrice dell’Unità operativa complessa “Residenze psichiatriche e psicopatologia forense” dell’Azienda unità sanitaria locale di Parma, cui la Corte d’assise di Bergamo presieduta da Patrizia Ingrascì aveva affidato l’incarico nell’ambito del processo in corso per l’omicidio della barista 33enne. La relazione è stata discussa nell’udienza di lunedi 22 settembre alla presenza dei consulenti delle parti. Sangare 30 anni nato a Milano da genitori maliani, al momento dell’arresto, aveva ammesso le proprie responsabilità, alla prima udienza del dibattimento si era proclamato innocente. A luglio era stato giudicato capace di intendere e di volere anche dalla psichiatra Valentina Stanga, nominata perito dal gup Maria Beatrice Parati nel corso del processo in abbreviato per i maltrattamenti ai danni della sorella e della madre conclusosi con una condanna in primo grado a tre anni e 8 mesi. Per la psichiatra l’imputato sarebbe affetto da un disturbo misto di personalità di tipo narcisistico e antisociale e un disturbo da uso di cannabinoidi, ma che non avrebbero influito sulla comprensione della realtà. Non sono stati ravvisati disturbi della percezione né sintomi di comportamenti deliranti. Nella relazione Sangare è descritto come un soggetto alla ricerca di esperienze eccitanti e adrenaliniche, poco propenso a prendere in considerazione le conseguenze per sé e per gli altri e con difficoltà nell’adattarsi alle norme sociali.Sulla perizia presentata in aula è intervenuto anche Massimo Biza, psichiatra di parte civile: “Questo è stato un delitto fatto per il piacere di compierlo, equiparabile a un omicidio sadico. Sangare voleva provare un’emozione forte”. Tocca ora alla Corte d’assise stabilire se il giovane è capace di intendere e volere.
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