La Corte Costituzionale il 10 gennaio avrebbe dovuto pronunciarsi in merito alla legittimità della legge regionale che permetteva alla Valle Camonica di creare un suo Ambito camuno di gestione delle acque, ma la sentenza è stata rimandata al 20 giugno. E’ stata la Regione stessa, che ha messo mano alla legge Galli del ‘94 su spinta di una battaglia trentennale dei sindaci camuni, con una nuova legge che permetteva quindi alla Valle Camonica di definire un suo ambito di gestione – legge che è stata impugnata dallo Stato – a chiedere al Ministro per gli Affari regionali e le autonomie  Roberto Calderoli, da pochi mesi approdato al Governo, un rinvio, così che ci sia il tempo di chiarire la vicenda ed eventualmente, decidere per lasciare cadere il corso alla Corte Costituzionale. Nel caso quindi il ricorso non abbia un seguito, basterebbe una delibera della giunta regionale lombarda, per dare il via libera finalmente all’Ato camuno. Cresce quindi l’ottimismo in Valle Camonica riguardo all’esito positivo di una battaglia che dura da più di 30 anni, che ha portato i sindaci camuni ad opporsi all’adesione, prevista per legge, all’Ato di Brescia e alla consegna degli impianti del ciclo idrico, quindi depuratori, fognature e acquedotti, al gestore provinciale Acque Bresciane che negli anni arriverà a stilare un piano di investimenti per migliorare il ciclo idrico in tutta la provincia, uniformando la gestione, ma anche le tariffe. Essendo la provincia di Brescia la più estesa della Lombardia e la più eterogenea, la Valle Camonica ha sempre sostenuto di avere tutti i requisiti per definire sui confini della propria comunità montana e sul bacino del fiume Oglio, il proprio ambito territoriale ottimale di gestione dell’acqua, stabilendo con una società di gestione tutta camuna, che è la Siv, gli investimenti e soprattutto, le bollette che per chi vive in montagna, dove l’acqua sgorga pulita delle sorgenti e non servono pozzi, non possono essere alte come quelle di chi vive in città.