Ferita da colpi di pistola e abbandonata in ospedale

Ferita da tre colpi di pistola, abbandonata fuori dal pronto soccorso dell'ospedale di Desenzano del Garda e morta durante l'intervento per salvarle la vita giovedì notte. La vittima è Dolores Dori, 43enne di origini sinti nata a Vincenza ma residente in provincia di Venezia. Le indagini condotte dai carabinieri di Brescia e Desenzano si concentrano sul campo nomadi di Lonato, che in queste ore è stato posto sotto sequestro, dove pare che la donna, che ha raggiunto la provincia di Brescia insieme al marito e al figlio 16enne, dovesse incontrate i genitori del promesso sposo della figlia più grande. Che cosa sia accaduto in quel campo nomadi, abbandonato da molti dei residenti subito dopo i fatti, è ciò che dovranno stabilire le indagini dei carabinieri coordinate dalla procura di Brescia. Al vaglio degli inquirenti ci sono i filmati della videosorveglianza dell'ospedale di Desenzano dove la donna – con piccoli precedenti per truffe e furti è stata abbandonata – ma anche quelle lungo il tragitto fra il nosocomio e il campo nomadi dove si sarebbe consumata la tragedia. Per ora si sa che Doris è stata scaricata da un'Alfa Romeo Stelvio con targa falsa, da un uomo forse il marito, nella serata di giovedì. E' già in fin di vita e infatti nonostante il tempestivo intervento dei medici la donna muore durante l'intervento chirurgico. Dei tre colpi da cui è stata raggiunta quello fatale l'avrebbe raggiunta al petto. Sul corpo della donna, ovviamente, è stata disposta l'autopsia. Il principale indiziato del delitto sarebbe il consuocero di Dolores che avrebbe fatto perdere le proprie tracce, mentre sarebbero stati raggiunti il figlio 16enne e il marito della donna che erano tornati in Veneto. I tre, come detto, aveva raggiunto la provincia di Brescia per un incontro con i familiari del 20enne promesso sposo alla figlia 24enne della coppia. Che cosa sia accaduto durante l'incontro per il momento non è ancora chiaro, così come non è chiaro se i veneti avevano con loro delle armi. In un primo tempo si era persone pensato che il delitto potesse essere maturato in un altro ambiente. Dagli accertamenti sulla vittima, infatti, è emerso, che sarebbe la sorella di un collaboratore di giustizia inserito in un programma di protezione come un teste chiave nell'inchiesta sul traffico di droga e cellulari nel carcere di Prato. Sembra però che questa pista sia stata abbandonata.

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